Call for panels and papers ICON-S ITALIAN CHAPTER - TERZA CONFERENZA "IL FUTURO DELLO STATO" a BOLOGNA il 20-21 NOVEMBRE 2020

Call for panels and papers ICON-S ITALIAN CHAPTER - TERZA CONFERENZA "IL FUTURO DELLO STATO" a BOLOGNA il 20-21 NOVEMBRE 2020

La selezione delle proposte sarà effettuata a partire dagli abstract dei paper (massimo 800 parole) e dalla descrizione dei panel (massimo 1000 parole) che debbono essere inviati entro 31 agosto 2020

Pubblicato: 16 aprile 2020 | Innovazione e ricerca

La terza conferenza della sezione italiana dell’International Society of Public Law (ICON·S, www.icon-society.org) avrà luogo a Bologna il 20 e il 21 novembre 2020.

L’obiettivo della conferenza è favorire una discussione approfondita e rigorosa su un numero selezionato di contributi di ricerca, per rafforzare il dialogo nella comunità scientifica italiana e mondiale in queste aree.
Sono invitati a partecipare i ricercatori di tutte le aree delle scienze giuridiche, ma anche gli studiosi di sociologia, scienza politica, economia ed informatica, in qualsiasi fase della loro carriera.
La selezione delle proposte sarà effettuata a partire dagli abstract dei paper (massimo 800 parole) e dalla descrizione dei panel (massimo 1000 parole), che debbono essere inviati, in lingua italiana o inglese, entro 31 agosto 2020 sul sito internet http://www.iconsitalia2020.it.
L’esito della selezione sarà comunicato entro il 30 settembre 2020.
Per chi lo desiderasse, le versioni definitive dei contributi potranno essere pubblicate, previo superamento del relativo processo di valutazione, nel Forum dei Quaderni costituzionali, nella collana degli IRPA Working Papers e nell’Italian Journal of Public Law. I migliori contributi saranno considerati in vista di una possibile pubblicazione su Diritto pubblico, Quaderni costituzionali e sulla Rivista trimestrale di diritto pubblico, anche in questo caso previo superamento del relativo processo di valutazione.

Presentazione

Verso la fine del XX secolo, è stata annunciata la ritirata rapida dello Stato, sotto la pressione del mercato, delle autonomie e della globalizzazione. Una congerie di teorie cerca, o ha cercato, di relegarlo nel “ripostiglio” dei modelli politici superati, ora postulandone l’eradicazione, ora immaginandone il superamento verso differenti entità internazionali o federali.
E invece, sullo scorcio di questo primo ventennio del XXI secolo, lo Stato è di nuovo al centro della scena, a causa di una serie di fattori, in buona parte concatenati. Prima si è trattato delle crisi economico-finanziarie, con le loro conseguenze in termini di sfiducia nei meccanismi di auto-regolazione del mercato, di crescita delle diseguaglianze e di nuove domande di partecipazione politica di portatori di interessi collettivi e diffusi. Negli ultimi mesi, un’altra e ancora più inquietante crisi è stata determinata dallo scenario pandemico: benché esso abbia un carattere globale e intersechi ben precise vicende e comunità locali, è ancora una volta sulle autorità nazionali che è ricaduta principalmente la responsabilità di prendere decisioni e adottare misure, talora inedite. La debolezza degli strumenti di coordinamento internazionale e sovranazionale e le divergenze nelle reazioni locali appaiono, ora, punti di debolezza che mettono in una diversa luce la posizione dello Stato, peraltro anch'esso in affanno dinanzi a vicende che stenta a governare.
Il ritorno dello Stato – invero mai ritiratosi – è contrassegnato da ambiguità e contraddizioni che invitano gli studiosi a porsi domande che in parte sono nuove e assumono forme inconsuete, in parte vengono da lontano.

Un primo punto teorico si concentra sull'idea stessa dello Stato costituzionale. Essa è stata continuamente ridisegnata per adattarsi alle varie costituzioni materiali che sono state poste, e anche oggi vanno ponendosi, nel tempo e nello spazio. In fondo, se lo Stato è ancora un’idea politica persistente, ciò non dipende forse dalla sua formidabile capacità di adattamento? L’interrogativo si riflette su tutti gli elementi tradizionalmente collegati a questa idea: il concetto di “popolo”, un tempo considerato un’unità data, presupposta dalla forma dello Stato, è ora connotato non solo dal pluralismo abbracciato dalle costituzioni del secondo dopoguerra, ma anche dal contatto con migrazioni e multiculturalismo; la “sovranità”, intesa come sovranità politica, ha dovuto affrontare le sfide poste da nuovi antagonisti (le cosiddette sovranità dell’economico, del biologico, della tecnica e della scienza, del digitale), ma rimane salda nella sua essenza; la stessa idea di “localizzazione” non può non esserci, perché ci siano uno Stato e il suo diritto, ma è forse quella più direttamente chiamata in causa da una pluralità di vicende, ai più vari livelli: da quelli coincidenti con specifiche aree di crisi, dove forme politiche senza spazi predeterminati lottano per la propria affermazione e sopravvivenza; fino alla sfera rarefatta ma molto concreta del digitale. Le spinte sopra evidenziate attraversano anche una delle espressioni tradizionalmente tipiche della sovranità statutale: l’esercizio della potestà punitiva. Da un lato, il sistema penale si presenta pluridimensionale e multilivello. Dall'altro, però, esso viene sempre più spesso identificato non come una extrema ratio, ma piuttosto come lo strumento cui ricorrere in via principale e immediata, quasi fosse il segno tangibile della presenza dello Stato e il dispositivo per esorcizzarne la crisi.

Un secondo insieme di domande di ricerca concerne il futuro dello Stato amministrativo. Da un lato, emerge la tendenza a rialzare barriere nel commercio globale e negli investimenti internazionali. Dall'altro, aumenta la domanda di intervento pubblico per porre rimedio alle distorsioni dei mercati finanziari, per rilanciare l’economia e offrire protezioni sociali. Tuttavia, a causa della crisi del debito sovrano e delle concomitanti politiche di austerità, gli apparati amministrativi dispongono di risorse sempre minori per rispondere a queste domande. Si tratta, insomma, di conciliare esigenze opposte: più e meno Stato, allo stesso tempo. Perciò, a tutte le latitudini, i governi sono continuamente impegnati in ambiziose politiche di riforma. L’aspirazione è costruire uno Stato più intelligente che massimizzi l’uso delle risorse a disposizione e garantisca la soddisfazione di vecchi e nuovi bisogni collettivi. La frammentazione interna dello Stato (agenzie, autorità indipendenti, società di vario genere, fondazioni), tuttavia, solleva difficili problemi di coordinamento e mette in dubbio l’uniformità delle regole pubbliche.

Un terzo punto di vista guarda allo Stato attraverso lo scenario europeo ed internazionale. Sia pure non senza discussioni e incertezze, fanno ormai parte del pensiero giuridico paradigmi che vanno ben oltre il diritto internazionale classico. Eppure, proprio su questo versante appare necessaria una valutazione, anche scientifica, dei meccanismi di integrazione e cooperazione dopo l’emersione dei cosiddetti sovranismi. Nell'Unione europea, dinamiche note, ma ancora bisognose di approfondimento, hanno contribuito a ridefinire istituti e politiche cruciali (come ad es. la cittadinanza europea o le politiche migratorie), sino a mettere in discussione le fondamenta stesse del processo di integrazione e l’adesione ad esso. Sul piano internazionale, sono venuti consolidandosi i processi di ritiro unilaterale dai fori di cooperazione multilaterali e dalle organizzazioni internazionali, così come le azioni volte a intralciare o bloccare gli strumenti di cooperazione.

L'emergenza pandemica rappresenta un banco di prova per questi temi: una condizione eccezionale, che mette a dura prova tutto il sistema istituzionale fin nei suoi fondamenti, disvelandone natura, portata e limiti. Soprattutto in assenza di esplicite regolazioni costituzionali dell’emergenza, l’intero sistema dei poteri pubblici – dalle fonti del diritto, alla capacità amministrativa di intervento, sino agli strumenti penali di prevenzione – è sottoposto a tensioni senza precedenti in tempi di pace. Tutti i punti elencati , dunque, si prestano a essere guardati attraverso il prisma dell’emergenza.